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Un personalità poliedrica: Antonio Mancinelli

Nato a Roma ma basato a Milano da anni, Antonio Mancinelli è giornalista e caporedattore di Marie Claire, diventando una delle firme più autorevoli dell’editoria italiana. Professore in diverse università italiane, ha pubblicato libri e saggi dedicati alla moda o all’arte. Mancinelli è dotato di una brillante curiosità nei confronti del mondo ed è una personalità che si è sempre distinta per il pensiero a volte controtendenza. 

Sei il primo giornalista uomo di moda italiano. Come ti sei affacciato a questo settore?

“Casualmente. Le mie passioni erano la scrittura, la moda e la politica. Negli anni ’80 frequentavo l’università ed una scuola di moda. All’epoca non c’era una scuola che insegnasse a scrivere e quindi mi sono preparato in modo trasversale. Perciò mi sono prefissato l’obbiettivo di creare un nuovo modo di interpretare la moda. 

In cosa consiste questa nuova interpretazione della moda? 

“Usarla come osservatorio della società. La moda non è soltanto vestiti, come oggi, superficialmente, si tende a pensare. Ma è simbolo di un mondo che cambia. Ci sono dei legami tra ciò che accade nella società e il costume. Noi giudici diamo una lettura che aiuti il pubblico a comprendere la moda come elemento di interpretazione dei mutamenti sociali in atto. In questo momento per esempio è interessante osservare come attraverso le sfilate si trasmettono dei messaggi politici, forti e universali. Trionfano le idee, i pensieri, le immagini”. 

Cosa ti fa più timore del mondo dell’immagine? 

“La superficialità. L’approssimazione. L’ignoranza. Viverla come se fosse un mondo per soli ricchi o frivoli. Inoltre occorre essere consapevoli di alcune allarmanti tendenze: l’invasione di persone che si improvvisano, la produzione eccessiva, l’atteggiamento elitario e a volte ostico”. 

Qual è stata l’intervista che ti ha più toccato umanamente e professionalmente?

“Sono state due. Una con Patty Smith, in cui mi ha raccontato la sua grande storia d’amore col fotografo Mapplethorpe e quindi ciò che significa amare una persona aldilà del suo orientamento sessuale. L’altra con Alexander McQueen. Mi ha raccontato tutta la sua vita. Il suo era un mondo violento, tormentato. Una vita spaventosa, ma caratterizzata da una continua ricerca della bellezza. La sua preparazione tecnica l’aveva portato alla costruzione di un’estetica molto forte”. 

Come si forma un linguaggio estetico personale? 

“Occorre analizzare il proprio mondo interiore, costruire un linguaggio personale e sviluppare gli strumenti per esprimerlo al meglio. L’unica strada per ottenere successo è avere un tipo di preparazione tecnica, ma anche sentimentale. È essenziale lavorare su se stessi e sul mondo. Invito sempre gli studenti ad andare al cinema, a guardare le mostre, a leggere i quotidiani, a cercare di comprendere cosa sta succedendo nella società. Tutto ciò serve per sviluppare una propria estetica”. 

Cosa ti colpisce nelle nuove generazioni che sperano di lavorare nella moda? 

“Mi affascina la capacità di connettere mondi diversi. Un punto di vista nuovo, che mi costringa a pensare o che mi stupisca. Gli aspetti salienti di un individuo sono la cusiosità, la voglia di conoscere, chiedersi il perchè in qualsiasi situazione, analizzare i modi di agire. Dico sempre ai giovani di approfondire le loro passioni, di studiare bene il campo in cui vorrebbero lavorare. Oggi ciò che fa la differenza è la conoscenza. Più ne hai, più hai strumenti per trovare lavoro e non lasciarti abbagliare da fenomeni effimeri”. 

Come ti poni nei confronti dei social network?

“Penso che ciò che faccia la differenza sia la qualità del pensiero, dell’idea, della visione. Che poi il supporto sia cartaceo o digitale poco importa. La carta e i social possono convivere, sono mezzi diversi.

Ludovica de Giovanni

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